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giovedì 14 gennaio 2010

La coerenza


No. Quella che state per leggere, non e la sceneggiatura di un film comico!
Si tratta di una raccolta di scambi di complimenti tra i due grandi alleati: Bossi e Berlusconi, tratte dal libro di Marco Travaglio BANANAS e che si riferiscono al quinquennio 1994/1999. Buona lettura. E soprattutto buon divertimento


Berlusconi: Bossi è la Wanna Marchi della politica. Mi viene il sospetto che voglia guidare il polo delle parole in libertà

Bossi: Io entro nel governo Berlusconi per fare il guardiano del baro. Attento Berluskaiser, io sono sempre l’uomo del Winchester. Tu sei la bistecca, io il prestacarne

Berlusconi: Bossi ha dei metodi da venditore di Piaget falsi. Solo dei minus habens potrebbero credere alle cose che dice di noi. Parla come un ubriaco da bar

Bossi: Berlusconi è un impomatato tra le nuvole azzurre, un tubo vuoto qualunquista. Mentre lui era ancora nel mulino bianco noi facevamo cadere il regime. E’ uno con il parrucchino e la plastica facciale. Ormai è bollito, è un povero pirla, un traditore del nord. Se la politica è un teatrino lui è il capocomico

Berlusconi: Bossi è un uomo dalla personalità complessa e dalla mentalità dissociata

Bossi: Berlusconi è il riciclatore dei calcinacci del regime del pentapartito. Noi siamo onesti e cristallini, mica abbiamo fatto parte della P2, P3, P4. Lui invece è un piduista. Un affarista. Io dico quel che penso, lui fa quel che incassa. Tratta lo stato come una Spa. Quando lui piange fatevi una risata, vuol dire che non ha ancora trovato la combinazione della cassaforte

Berlusconi: Bossi è un Giuda, traditore, ladro con scasso di voti, ricettatore, truffatore, speculatore, doppia, tripla, quadrupla personalità. Un pataccaro

Bossi: Berlusconi è un piccolo tiranno, un dittatore, un autocrate, molto peggio di Pinochet. Ci vuole regalare un altro ventennio. Fa il lavaggio del cervello alla gente. Siamo in una situazione pericolosa per la democrazia. E’ un kaiser in doppiopetto. Non siamo noi che litighiamo con Berlusconi, è la storia che litiga con lui. Ha un qualcosa di nazistoide, di mafioso. E’ un Peron della mutua

Berlusconi: Quando mi accusa di peronismo Bossi pensa alla birra Peroni. Ma ormai è un cadavere politico, uno sfasciacarrozze. Io non mi siederò mai più allo stesso tavolo con Bossi. E’ totalmente inaffidabile, un monumento di slealtà

Bossi: Berlusconi è l’uomo della mafia, un palermitano che parla meneghino, nato nella terra sbagliata e mandato su apposta per fregare il Nord. La Fininvest è nata da Cosa Nostra. Ci risponda Berlusconi: da dove vengono i suoi soldi? Dalle fianziarie della mafia? Ci sono 100.000 giovani del nord che sono morti di droga ed ora gridano da sottoterra. Se vuole sapere la storia della caduta del suo primo governo venga da me ch gliela spiego io: sono stato io a mettere giù il partito del mafioso. Lui comprava i nostri deputati ed io l’ho abbattuto. Quel brutto mafioso di Arcore guadagna soldi con l’eroina e la cocaina. Altro che par condicio. Ci vuole una bella commissione d’inchiesta sugli arricchimenti di Berlusconi

Berlusconi: Bossi lasciamolo agli altri, alla sinistra. Sarà uno splendido argomento per la nostra campagna elettorale: ho pronto il manifesto con Alberto da Giussano che regge una falce e dun martello e la scritta: PER UN’ITALIA COMUNISTA VOTA LEGA NORD

Bossi: Io con i bergamaschi ho fatto un patto di sangue: farò di tutto per il cambiamento. Berlusconi sappia che c’è gente che ne ha piene le tasche ed è pronta a fare il culo anche a lui. Se vendono che sono stati imbrogliati, arrotolano su i suoi prati all’inglese con tutte le ville dentro e scaraventano tutto nel Lambro. Bastano due secondi e dovrà scappare di notte

venerdì 8 gennaio 2010

Il flop della febbre suina


Tempo fa scrissi un post: www.mistermagu.blogspot.com/2009/04/il-maiale.html

Breve ma chiaro; dove evidentemente esprimevo la mia perplessità sull'effettivà gravità della cosiddetta febbre suina A H1N1. Ora, è innegabile- perchè sotto gli occhi di tutti- che il virus abbia contagiato migliaia di persone nel mondo. Ma è altrettanto innegabile che, prima di gridare "al lupo al lupo" si usi un po più di moderazione. Sin dall'inizio infatti, scienziati e luminari, ESPERTI DEL SETTORE (gente che ciè aveva voce in capitolo, in quanto lavoratori del settore), cercarono di smorzare gli allarmi ma, televisioni e giornali hanno il brutto vizio di pompare le cose, senza rendersi conto di creare un grosso danno. Sul versante vaccini poi, il flop è stato clamoroso: Grandi affari per le solite case farmaceutiche, pochi vaccini venduti. Almeno topo gigio c'ha dato i consigli giusti e semplici. Ieri ( e non solo) sentivo e leggevo i soliti allarmanti commenti di pseudo esperti: di tenerci pronti per la terza ondata del virus, che sarà più intensa. Io come sempre, ci andrò cauto, continuando a vivere evitando psicosi e panico, seguendo le normali regoli igienico sanitarie. E che il buon dio ci aiuti.

martedì 5 gennaio 2010

IVA sui rifiuti


Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’IVA del 10%, normalmente addebitata sulle bollette della tassa sui rifiuti, è illegittima. La Corte di Cassazione, allineandosi con l’orientamento degli altri Paesi dell’Unione europea, ha stabilito che il corrispettivo che i cittadini devono pagare per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, è una tassa e non una tariffa. Se fosse una tariffa, l’IVA sarebbe applicabile, ma essendo una tassa non è legittimo. Controllate, dunque, attentamente la bolletta: se è stata applicata l’Iva nella misura del 10% sulle voci di raccolta e smaltimento rifiuti, si potrà chiedere il rimborso immediato al Comune o alle società appaltatrici che gestiscono il servizio. Il risarcimento può essere richiesto per un massimo di 10 anni e per ogni anno di IVA ingiustamente pagata. Ad esempio, un cittadino che paga una tassa di 800 euro l’anno ha versato al proprio comune 80 euro di Iva illegittima, che moltiplicati per 10 anni ammontano a 800 euro complessivi.

Per agire basta inviare un foglio con i dati anagrafici, recapiti telefonici, eventuale indirizzo di posta elttronica e codice fiscale e una copia dell’atto di richiesta della tassa sui rifiuti per cui richiedere il rinborso e delle relative ricevute di avvenuto pagamento (per tutti gli anni dal 1998 a oggi) al Codacons, Azione Iva rifiuti, via Filippo Corridoni 25, 00195 Roma. Gli avvocati e i consulenti dell’associazione valuteranno se è possibile ottenere il rimborso e redigeranno gratuitamente il ricorso personalizzato. Si ricorda, infine, che anche il “Canone di depurazione” sulle bollette dell’acqua non è dovuto, allorchè vi sia la carenza funzionale o la totale assenza del relativo impianto. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n° 335/2008. E’ dunque possibile ricorrere all’autorità giudiziaria e richiedere l’integrale restituzione della tariffa versata, per un periodo di contribuzione pari a 10 anni, oltre il quale vi è la prescrizione del diritto. (Articolo a cura di Monica Rubino da Kataweb, tratto da altocasertano.wordpress.com)

venerdì 1 gennaio 2010

Dekalog- Decalogo- Kieslowski


Il Decalogo (Dekalog) è una raccolta di 10 mediometraggi della durata di 55 minuti circa l’uno, liberamente ispirati ai dieci comandamenti.
Ogni episodio del Decalogo vede attori diversi, ma in quasi tutti è presente la figura del “testimone silenzioso”, un personaggio che non parla mai ma che assiste muto allo svolgimento delle vicende. Forse l’occhio di Dio? Forse la personificazione della coscienza? Forse un angelo? Il regista non ha mai rivelato il suo significato, né al pubblico né all’attore stesso.

Informazioni:
Polonia - 1989
regia - Krzysztof Kieslowski
sceneggiatura - Krzysztof Piesiewicz e Krzysztof Kieslowski
scenografia - Halina Dobrowolska
montaggio - Ewa Smal
musica - Zbigniew Preisner
produzione - Telewizja Polska in collaborazione con Sender Freies Berlin

Decalogo 1. Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altro dio all’infuori di me
Krzysztof è un professore universitario che, separato dalla moglie, si trova costretto a crescere il proprio figlio, Pawel, da solo.
Il padre è un grande appassionato di computer e pensa che tutta la vita possa essere descritta matematicamente attraverso l’uso del computer. Secondo lui, non esiste una dimensione trascendente della realtà: non esiste nessun Dio e quando si muore il cervello smette semplicemente di funzionare.
Alla visione atea del padre si contrappone la visione della zia, molto credente.
L’interesse per il figlio al mondo trascendente si scatena quando casualmente nota in strada un cane morto congelato, che lo porta a farsi domande sul senso della morte.
Mentre il padre lo rassicura spiegandogli le sue posizioni, la zia gli parla di una dimensione trascendente, che non può essere colta matematicamente (si ha un esempio di quello quando il bambino mostra alla zia un programma in grado di dire cosa sta facendo sua mamma in quel momento; Alla zia, che gli dice che il suo programma non è in grado di dirgli quello che la mamma sta sognando, il bambino risponde che è solo una questione di potenza del computer).
Un giorno, il lago vicino a casa ghiaccia ed il bambino desidera andarci a pattinare. Il padre allora, da bravo scienziato esegue una serie di calcoli al computer, che gli permettono di stabilire che il ghiaccio è in grado di reggere il suo peso. Sempre da bravo scienziato, esegue nuovamente i calcoli e va a verificare i suoi calcoli con una prova empirica.
Accade però che il ghiaccio si rompe.
Il padre non lo sorvegliava (sicuro come era che il ghiaccio non si sarebbe rotto) e non sospetta di nulla nemmeno quando nota dei segnali premonitori (un’ambulanza che si dirige verso il lago,gli amici che non lo trovano, la lezione a cui è mancato, le persone che lo cercano per avvisarlo dell’accaduto). Comincerà a capire che non tutto è prevedibile quando il calamaio con cui stava scrivendo si rompe senza essere stato toccato. Decide quindi di andare a vedere cosa stava succedendo al lago, vede il buco nel ghiaccio ed i soccorritori ma stenta ancora a crederci (apprende che alcuni ragazzi stavano giocando nelle vicinanze e va a cercare suo figlio).
Il padre si arrenderà all’evidenza solo quando i soccorritori estraggono il corpo senza vita del bambino.
Dopo l’avvenimento il padre capisce che ci sono cose che non sono prevedibili matematicamente e si reca in una Cappella a pregare (per la prima volta nella sua vita).
Decalogo 2. Non nominare il nome di Dio invano
Dorota è una donna in crisi. Suo marito è in fin di vita all’ospedale, e da poco lei ha scoperto di aspettare un figlio dal suo amante. Se suo marito vivrà, lei dovrà sbarazzarsi del figlio della colpa, se invece morirà, allora Dorota potrà cominciare una nuova vita con il suo amante.
Fa pressioni così sul primario dell’ospedale, che è anche suo vicino di casa. (Abitano entrambi nelle stesse grige palazzine viste nel Decalogo 1)
Quest’ultimo è un uomo che vive solo, insieme a poche piante e ad un canarino. Gli unici suoi rapporti interpersonali sembrano essere quelli con la sua donna delle pulizie, una signora a cui lui racconta episodi del proprio passato. Ora quest’uomo solo, che racconta di aver perso in un solo giorno tutta la sua famiglia durante un bombardamento, avrà la responsabilità di un’altra famiglia, quella di Dorota. Dopo varie peripezie, il primario infatti consiglierà a Dorota di non abortire, di portare fino in fondo la sua gravidanza. Suo marito, infatti, è talmente peggiorato che non ci sono possibilità di salvarsi.
Dorota segue il suo consiglio, ma dopo poco il marito guarisce. Dal suo inferno d’acqua (l’acqua che cola dal soffitto, acqua che è un elemento ricorrente nel Decalogo) riesce a risalire alla vita. Lo testimonia la scena di una vespa che, con molta fatica, riesce ad uscire fuori da un bicchiere di succo e a tornare a volare. L’uomo, appena guarito, ringrazia il primario e gli fa sapere che con la moglie Dorota aspettano un bambino…
Il regista non fa capire apertamente se il primario ha mentito per salvare il figlio di Dorota, memore dei propri figli persi in passato, o se invece credeva veramente che il marito stesse morendo. Dall’espressione finale del primario, però, si protende verso la prima ipotesi.
Decalogo 3. Ricordati di santificare le feste
È la vigilia di Natale. Janusz si presenta ai suoi familiari vestito da Babbo Natale. Si cantano cori natalizi e tutto pare andare per il verso giusto. Ma già alla messa di mezzanotte Janusz ha intravisto Ewa fra la folla. Fa finta di niente, ma quando a casa la donna lo chiama al citofono, pare chiaro che la serata sarà rovinata.
Ewa e Janusz, infatti, hanno avuto in passato una relazione extraconiugale. Ewa l’accusa di aver fatto una telefonata anonima al proprio marito, per far finire la loro relazione, ed ora con la scusa di non aver più notizie proprio del marito, costringe Janusz a passare con lei la notte della vigilia per le strade di Varsavia.
Janusz dice alla propria moglie di andare alla ricerca del proprio taxi rubato, ma la donna sembra capire il vero motivo dell’assenza del marito. Capisce, ma non dice nulla.
Durante la notte Janusz capisce man mano che Ewa gli sta mentendo. Alla fine, infatti, sarà proprio lei a confessargli che da quasi tre anni vive da sola, e che il marito l’ha lasciata. Tutta la notte non è stato altro che un ultimo tentativo di Ewa di restare viva: si era prefissa infatti di riuscire a passare la vigilia con l’ex amante, altrimenti si sarebbe uccisa.
Janusz è contento di aver impedito la morte di Ewa, ma ormai non prova più niente per lei. Quando al mattino torna dalla moglie, questa gli chiede se tornerà ad uscire tutte le sere: lui la tranquillizza che non lo farà.
Decalogo 4. Onora il padre e la madre
È il lunedì di Pasqua, ed una tradizione polacca vuole che in famiglia ci si faccia un piccolo scherzo: tirarsi dell’acqua addosso. Così Anka sveglia suo padre, e poi lui le tirerà dell’acqua addosso più tardi.
È il ritratto casalingo di un padre e di una figlia. Lei, giovane studentessa all’Accademia d’Arte Drammatica, lui che viaggia spesso, forse per lavoro. Ma l’ordine delle cose viene subito scosso quando Anka trova una busta in un cassetto, dove il padre ha scritto “da aprire dopo la mia morte”.
La curiosità è troppa. Anka, dopo aver cercato di resistere, apre la busta e trova una lettera scritta dalla madre poco prima di morire, dove le rivela che in realtà Michal non è il suo vero padre.
Dopo questa rivelazione, però, Michal ed Anka non si allontanano, anzi: sembra venire alla luce un rapporto nascosto per tanto tempo. Forse Michal aveva sempre saputo che quella non era sua figlia; Anka aveva sempre provato strani sentimenti verso suo padre. Non si parla mai di amore, ma è certo che fra i due c’è molto più che un rapporto genitore-figlia.
Ma proprio quando la situazione sembra degenerare, quando Anka mette l’accento sul fatto di non essere più una figlia ma una donna cresciuta, Michal interrompe il gioco. Con la scusa di andare a prendere il latte, l’uomo esce con una borsa… Quando Anka se ne accorge, lo rincorre e gli rivela di aver scritto lei stessa la lettera, inventandosela. Insieme tornano a casa e bruciano la vera lettera scritta dalla madre di Anka. Ma prima che sia bruciata completamente, della lettera si legge l’inizio. “Michal non”…
Probabilmente Michal non è il padre di Anka, ma i due decidono di far finta che la lettera non sia mai esistita.
Decalogo 5. Non uccidere
Jacek è un poco di buono. È un teppista, un vandalo, completamente privo di senso morale.
Piotr, invece, è un uomo dai sani principi, che crede nella giustizia ma non nella pena capitale, che considera inutile: sin dai tempi di Caino, mai una pena simile è servita veramente a qualcosa.
Jacek, senza alcun motivo apparente se non per la propria malvagità, uccide un taxista, un uomo comunque sgradevole come lui. Viene arrestato e tocca proprio a Piotr, appena diventato avvocato, difenderlo in tribunale. Tutto è inutile, e Jacek viene condannato.
Piotr si sente in colpa: forse poteva fare di più, forse poteva aiutare quel ragazzo. Ma la condanna è decisa: pena di morte.
Prima dell’esecuzione, Jacek chiede di parlare con Piotr. L’assassino non sembra più così malvagio, chiede all’avvocato di parlare con la madre, dopo l’esecuzione, e farsi seppellire nel cimitero di famiglia. Le parole sono pugnalate nel cuore di Piotr, che è ancora convinto che la pena capitale sia una barbarie. Quello che avverrà dopo, non farà che confermarglielo.
Jacek, all’ultimo secondo, infatti, si ribella all’impiccagione a cui è stato condannato: scalcia e cerca di fuggire. Tutti gli sono addosso e lo bloccano, proprio come lui era stato addosso bloccando il taxista mentre l’uccideva. Sembra non esserci alcuna differenza fra l’omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.
Decalogo 6. Non commettere atti impuri
Tomek è un timido impiegato delle poste che ha un hobby particolare: usare un telescopio per spiare Magda, la bella donna che vive nell’appartamento di fronte al suo. La guarda, la segue, studia le sue abitudini. A volte, però, le tira dei brutti tiri: una sera che lei è con un uomo, lui chiama i vigili urbani denunciando un’inesistente perdita di gas dalla casa della donna, così da rovinarle la serata.
Un giorno la situazione si fa tesa, così Tomek decide di confessarsi con Magda. La donna all’inizio reagisce male, ma non sembra troppo disturbata. Anzi, quando la sera stessa invita a casa il suo uomo, sposta il letto davanti alla finestra così che Tomek possa guardare (anche se l’uomo in questione prenderà male l’iniziativa).
Tomek riesce poi ad ottenere un invito a cena dalla donna, un’occasione per parlare e conoscersi meglio. Il ragazzo è innamorato di lei, anche se non conosce bene l’amore.
La donna lo invita a casa propria, un po’ per stuzzicarlo un po’ incuriosita. Per convincere Tomek che l’amore non esiste, lo seduce e dopo che il ragazzo viene all’improvviso, gli dice «Ecco, questo è l’amore». Tomek scappa via disperato: la donna che aveva idealizzato non corrisponde affatto alla realtà. Giunto a casa, si taglia le vene.
Magda è turbata dal proprio gesto. Vede andar via l’ambulanza da sotto casa di Tomek e viene a sapere dalla padrona di casa di lui che è all’ospedale ma si salverà. Quando prova a chiedere di lui all’ufficio postale, le rispondono «Si è tagliato le vene per amore»… quell’amore in cui Magda non crede.
Quando, dopo alcuni giorni di incertezza, Magda incontra di nuovo Tomek all’ufficio postale, i due si sorridono, e Tomek dice: «Ho smesso di guardarla».
Decalogo 7. Non rubare
Majka è una giovane ragazza che sembra vivere una situazione tesa in famiglia. La madre Ewa la tratta male, ed il padre Stefan è pressoché assente. Inoltre c’è la sorellina Ania, con cui sembra avere un rapporto migliore.
Un giorno Majka raccoglie tutto il coraggio di cui è capace e rapisce la piccola Ania da una recita scolastica. Ewa si dispera, ma non riesce a trovare le due figlie.
Una volta al sicuro, Majka rivela ad Ania di essere in realtà sua madre, non sua sorella. Le due si nascondono da Wojtek, ex amante di Majka e padre di Ania. I due non si vedono da parecchio tempo: lui era il professore che si innamorò di Majka, scatenando le ire della madre Ewa, direttrice della scuola. Per evitare uno scandalo, quando nacque Ania venne registrata come figlia di Ewa e non di Majka, mentre Wojtek venne fatto allontanare. Ma ora che l’uomo vede sua figlia, piano piano si risveglia il suo istinto paterno.
Majka intanto telefona ad Ewa, e la accusa di averle rubato la propria figlia, il proprio amore. E le lancia un ultimatum: vuole che Ewa riconosca pubblicamente che è Majka ad essere la vera madre di Ania. Ed inoltre vuole che la donna firmi per l’espatrio in Canada della bambina.
Ma le cose non vanno come crede Majka. Ania si rifiuta di chiamarla “mamma”, ed ha spesso crisi isteriche. Wojtek non sembra intenzionato a creare una famiglia con la sua ex amante. Né la madre sembra disposta a scendere a patti, sperando più in un aiuto esterno. Majka scappa così anche dalla casa di Wojtek, portando con sé sua figlia, l’unica cosa che ormai le resti.
In attesa del treno, la donna e la figlia trovano asilo presso la capostazione, che cerca di aiutarle. Ma Ewa le trova, proprio nel momento in cui arriva il treno. Majka non è riuscita ad ottenere sua figlia (che appena vede Ewa la chiama “mamma”), così prende il treno al volo e va via.
Decalogo 8. Non dire falsa testimonianza
Durante una lezione universitaria, la professoressa Zofia accetta che partecipi Elzbieta, una giornalista che viene dall’America. Le donne già si conoscono per aver lavorato insieme, quindi Zofia accetta di buon grado.
Durante la lezione, che verte sull’etica, Elzbieta prende la parola e chiede di raccontare una storia che merita di essere analizzata dal punto di vista etico. Racconta un fatto del 1943, quando una famiglia polacca offre riparo e protezione ad una famiglia ebrea, per poi rimangiarsi la parola data. Il motivo addotto per il rifiuto è semplice: essendo cattolica, la famiglia non può dare falsa testimonianza. Se dei nazisti avessero chiesto loro se nascondessero ebrei, avrebbero dovuto rispondere di sì, compromettendosi con tragiche conseguenze.
Mentre però Elzbieta racconta la storia, Zofia si turba semre più. Le due donne si guarda in modo intenso, e dopo la lezione Zofia raggiunge la giornalista: la maschera è caduta, Elzbieta ha capito che la professoressa Zofia era la donna che anni prima ha negato a lei bambina la protezione.
Le due donne passano la serata insieme, e Zofia rivela ad Elzbieta che la storia della “falsa testimonianza” era solo una scusa: le persone che avevano consigliato la famiglia ebrea erano della Ghestapo e se la famiglia di Zofia avesse accettato sarebbe sicuramente finita nei guai. In realtà, si seppe poi, era una notizia falsa, ma ormai il danno era stato fatto.
Elzbieta non porta rancora alla donna, vuole solo conoscerla e chiarirsi con lei. Inoltre, tramite Zofia, riesce a rintracciare l’uomo che all’epoca gli diede speranza di salvezza. Ora è un sarto, e si rifiuta di parlare con la donna di ciò che successe durante la guerra.
Decalogo 9. Non desiderare la donna d’altri
Roman è un chirurgo che si reca dall’amico Mikolaj per essere sicuro di una diagnosi, la quale però viene purtroppo confermata: Roman è totalmente impotente. La notizia sconvolge l’uomo, anche se la moglie Hanka lo assicura che questo non cambierà nulla fra di loro.
Una telefonata strana, però, insospettisce Roman che, ben presto, si accorge che la moglie ha un amante: un giovane ragazzo di nome Mariusz. Roman segue i due, raccoglie prove e li spia, apparentemente senza ver intenzione di fare nulla.
Finché un giorno Hanka non si rende conto che la situazione è insostenibile, e decide di troncare la relazione con Mariusz. Ma appena fatto, si accorge che Roman la stava spiando, e scopre che li ha spiati da diverso tempo.
L’esperienza sembra riunire i due, che sono ora decisi a ricostruire il loro rapporto. Roman insiste perché lei vada a sciare: una piccola vancanza per cancellare le vicende degli ultimi giorni.
Ma Mariusz non demorde: saputo della partenza di Hanka, decide di raggiungerla sulla neve, ad insaputa della donna. Quando Roman lo scopre, tenta il suicidio prima che Hanka riesca a mettersi in contatto con lui per fargli sapere che era all’oscuro di tutto.
Roman si sveglia all’ospedale, mentre Hanka lo dà già per morto. Riesce a telefonare alla moglie, e finalmente, alla fine, si ritrovano.
Decalogo 10. Non desiderare la roba d’altri
Artur e Jerzy sono due fratelli molto diversi fra loro: il primo è serio, posato e padre di famiglia; il secondo è uno spirito ribelle, cantante rock e scapestrato. I due si ritroveranno, dopo tanti anni, per il funerale del loro padre.
Quando però a visitare la casa del genitore, fanno una singolare scoperta: l’uomo viveva da anni in estrema povertà, eppure trovano centinaia e centinaia di francobolli in un armadio. Quando cercano di venderli per guadagnare qualcosa, fanno una scoperta ancor più incedibile: nel corso di 30 anni di vita il padre ha messo insieme una collezione che vale centiana di milioni.
I due sono affascinati da questo aspetto sconosciuto del padre, e cominciano ad appassionarsi ai francobolli. Ma il mondo della filatelia appare subito un nido di vipere: sono tante le persone pronte a mettere le mani sulla fenomenale collezione paterna.
Intanto i due fratelli scoprono che alla collezione del padre manca un francobollo, un pezzo di grandissima rarità, che è in possesso di un losco filatelico. Questi propone ai fratelli uno scambio: il francobollo in questione, infatti, vale talmente tanto che non si può comprarlo. Lo scambio in questione è semplice: il francobollo in cambio di un rene di Jerzy, da donare alla figlia del filatelico gravemente malata.
La proposta manda su tutte le furie l’uomo, ma ormai lui ed il fratello sono stati contagiati da una passione filatelica che non immaginavano di avere. Jerzy accetta, ma appena esce dall’ospedale dopo il trapianto, fa un’amara scoperta: durante l’operazione dei ladri sono entrati in casa ed hanno rubato tutti i francobolli del padre.
L’amarezza e la rabbia fanno sì che i due fratelli si accusino a vicenda, di nascosto l’uno dall’altro. Ma la verità sarà presto chiarita: i due fratelli, infatti, per strada incontrano i veri esecutori del crimine, cioè il filatelico ed un suo complice. Ma non ci sono le prove, quindi è tutto inutile.
Ma intanto Jerzy ed Artur si sono riconciliati, ed inoltre è sbocciata in loro la passione filatelica paterna. Comprano dei francobolli, e probabilmente seguiranno le orme paterne.
Curiosità: I vari episodi vedono lo scambio continuo tra attori principali ed attori secondari. Ad esempio, Tomek, l’attore principale nel Decalogo 6, riappare anche nel Decalogo 10 come figura secondaria; ma più o meno per tutti c’è lo stesso ben riuscito scambio di importanza.
Nel 2002 è uscito anche in Italia il cofanetto DVD del decalogo. Se nno l’avete ancora visto, non esistate a procurarvelo…

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